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ANTONELLA COLANINO: L'esistenzialismo di jonas burgert tra citazione e postmoderno (Artículo)

miércoles, 1 de marzo de 2017


L'ESISTENZIALISMO DI JONAS BURGERT TRA CITAZIONE E POSTMODERNO (Artículo)

Antonella Colaninno
Crítica de Arte

“[...] tra figure fantastiche, soggetti in maschera e pareti che si squarciano, l'autore esplora ossessioni e demoni, nei quali riecheggia l'ansia del presente, senza l'approdo a un saldo punto di appoggio.”


            Jonas Burgert è tra le personalità più interessanti delle nuove generazioni di artisti. Nato a Berlino nel 1969, ha realizzato una serie di mostre tra collettive e personali, la sua prima esposizione risale al 2006 presso la Produzentengalerie di Amburgo, mentre in questi giorni è in corso al MAMbo di Bologna una sua personale dal titolo Lotsucht/Scandagliodipendenza, che afferma per la prima volta la presenza dell'artista in Italia. Burgert disegna il suo teatro dell'oscuro, popolato da presenze liquide quali ineffabili spettri di se stessi che rivelano l'inquietudine dei tempi moderni e gli  equilibri instabili dell'uomo, dalla cui dissociazione si generano mostri. Le grandi composizioni su tela sono strutturate da una logica di rappresentazione performativa, quasi teatrale, tenuta insieme dal racconto del non sense, dove tempo e spazio restano sospesi in una dimensione anacronistica e irreale. L'artista crea lavori monumentali a soggetto figurativo che esplorano il dramma della società contemporanea. In essi figure fantastiche, grottesche e surreali attingono dall'immaginario della cultura Pop e dalla tradizione della pittura surrealista e simbolista, attraversando anche i sentieri della memoria dell'arte fiamminga e della cultura  letteraria mitteleuropea del Novecento, dal dramma esistenziale di scrittori come Franz Kafka all'immaginario inquieto di pittori quali Edvard Munch e Arnold Bocklin. In questi grandi dipinti Burgert riscopre il gusto della narrazione e della descrizione e, nel palcoscenico dell'assurdo e dell'incoerenza, egli costruisce, in una ritualità solo apparentemente incomprensibile, un universo apocalittico abitato da uomini e animali, bambini e amazzoni, scheletri e arlecchini. Il caos contemporaneo va in scena,  così, tra maschere e costumi teatrali, nello spazio illusionisticamente mobile che si apre sui corpi ammassati, sullo sfondo di una oscenità simbolica. La rappresentazione di tali ambienti raccoglie elementi della tradizione del passato che si traduce stilisticamente nell'attenzione per il dettaglio riaffermando in pittura il valore dei simbolo e dell'iconografia. Burgert ama giocare sulla composizione e sui rapporti tonali tra i colori e, attraverso questi elementi, presenta i vari livelli di interpretazione, mostrando tutta la sua maestria nella resa formale delle complesse architetture. Il significato letterale dei suoi dipinti, che affermano inevitabilmente il potere dell'immagine, nasconde però, al di sotto delle allegorie e delle visioni, un'analisi attenta dell'isolamento dell'uomo nella odierna società. Egli svela, infatti, come l'uomo subisca la potenza del flusso dei dati in circolazione, emessi e trasmessi per essere recepiti violentemente dalla propria mente. Il nostro presente è un'inondazione caotica di informazioni che costruiscono. per poi dissolverlo, lo spazio della nostra percezione e, per questo, l'essere umano è alla ricerca della consapevolezza del proprio esistere. Nel contrasto tra ciò che è visibile e ciò che resta, invece, nascosto Burgert racconta l'apparenza delle cose. Nella tensione generata tra le superfici illusorie della tela, l'uomo ricerca lo spazio del proprio essere, per ridefinire la sua identità smarrita e ricollocarsi in una dimensione storica e sociale, lasciando che la tela diventi un vero e proprio campo di battaglia dove affrontare la propria guerra esistenziale.
 
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