L'ESISTENZIALISMO
DI JONAS BURGERT TRA CITAZIONE E POSTMODERNO (Artículo)
Antonella
Colaninno
Crítica
de Arte
“[...] tra figure fantastiche, soggetti
in maschera e pareti che si squarciano, l'autore esplora ossessioni e demoni,
nei quali riecheggia l'ansia del presente, senza l'approdo a un saldo punto di
appoggio.”
Jonas Burgert è tra le personalità
più interessanti delle nuove generazioni di artisti. Nato a Berlino nel 1969,
ha realizzato una serie di mostre tra collettive e personali, la sua prima esposizione
risale al 2006 presso la Produzentengalerie di Amburgo, mentre in questi giorni
è in corso al MAMbo di Bologna una sua personale dal titolo Lotsucht/Scandagliodipendenza, che
afferma per la prima volta la presenza dell'artista in Italia. Burgert disegna
il suo teatro dell'oscuro, popolato da presenze liquide quali ineffabili
spettri di se stessi che rivelano l'inquietudine dei tempi moderni e gli equilibri instabili dell'uomo, dalla cui
dissociazione si generano mostri. Le grandi composizioni su tela sono
strutturate da una logica di rappresentazione performativa, quasi teatrale,
tenuta insieme dal racconto del non sense, dove tempo e spazio restano sospesi
in una dimensione anacronistica e irreale. L'artista crea lavori monumentali a
soggetto figurativo che esplorano il dramma della società contemporanea. In
essi figure fantastiche, grottesche e surreali attingono dall'immaginario della
cultura Pop e dalla tradizione della pittura surrealista e simbolista,
attraversando anche i sentieri della memoria dell'arte fiamminga e della
cultura letteraria mitteleuropea del
Novecento, dal dramma esistenziale di scrittori come Franz Kafka
all'immaginario inquieto di pittori quali Edvard Munch e Arnold Bocklin. In
questi grandi dipinti Burgert riscopre il gusto della narrazione e della
descrizione e, nel palcoscenico dell'assurdo e dell'incoerenza, egli
costruisce, in una ritualità solo apparentemente incomprensibile, un universo
apocalittico abitato da uomini e animali, bambini e amazzoni, scheletri e arlecchini.
Il caos contemporaneo va in scena, così,
tra maschere e costumi teatrali, nello spazio illusionisticamente mobile che si
apre sui corpi ammassati, sullo sfondo di una oscenità simbolica. La
rappresentazione di tali ambienti raccoglie elementi della tradizione del
passato che si traduce stilisticamente nell'attenzione per il dettaglio
riaffermando in pittura il valore dei simbolo e dell'iconografia. Burgert ama
giocare sulla composizione e sui rapporti tonali tra i colori e, attraverso
questi elementi, presenta i vari livelli di interpretazione, mostrando tutta la
sua maestria nella resa formale delle complesse architetture. Il significato
letterale dei suoi dipinti, che affermano inevitabilmente il potere
dell'immagine, nasconde però, al di sotto delle allegorie e delle visioni,
un'analisi attenta dell'isolamento dell'uomo nella odierna società. Egli svela,
infatti, come l'uomo subisca la potenza del flusso dei dati in circolazione,
emessi e trasmessi per essere recepiti violentemente dalla propria mente. Il
nostro presente è un'inondazione caotica di informazioni che costruiscono. per
poi dissolverlo, lo spazio della nostra percezione e, per questo, l'essere
umano è alla ricerca della consapevolezza del proprio esistere. Nel contrasto
tra ciò che è visibile e ciò che resta, invece, nascosto Burgert racconta
l'apparenza delle cose. Nella tensione generata tra le superfici illusorie
della tela, l'uomo ricerca lo spazio del proprio essere, per ridefinire la sua
identità smarrita e ricollocarsi in una dimensione storica e sociale, lasciando
che la tela diventi un vero e proprio campo di battaglia dove affrontare la
propria guerra esistenziale.